lunedì 2 agosto 2010


Il distacco è sempre doloroso, ma a lungo andare può dare soddisfazioni, può addirittura portare alla felicità.

Perdere una persona a cui si voleva bene significa perdere anche una parte di sé, è come un intervento a vivo, durante il quale ti staccano un pezzo di cuore e poi tu lo vedi per terra, abbandonato e calpestato da tutti.

Superato il dolore, però, ti senti subito più leggero senza quella parte malata di te. Il tutto si cicatrizza e senti solo una leggera fitta, come una puntura, quando cambia il tempo.

Così è successo a me la prima volta mesi fa, senza una ragione, senza un perché. Così sta succedendo di nuovo. E io non capisco per quale motivo dovrei sforzarmi per fermare il naturale corso degli eventi.

Noi siamo come piccoli oggetti fluttuanti sulla superficie del mare, che le onde prima fanno avvicinare e poi allontanano casualmente. Alcuni tentano di nuotare controcorrente, altri si lasciano trasportare dal dolce dondolio delle onde. Io ho smesso di lottare. Mi sento troppo piccola, troppo debole per sfidare la grande distesa d’acqua.

Così mi lascio naufragare, nella speranza che le onde mi portino su di un’isola deserta, sulla quale essere felice per sempre.

Talvolta ci accorgiamo che allontanandoci da una persona, per quanto possiamo averle voluto bene, la qualità della nostra vita migliora. Forse perché certi rapporti con il tempo diventano talmente stretti, talmente esclusivi che l’abitudine cancella ai nostri occhi i difetti dell’altro, e noi iniziamo a considerare normali quei comportamenti che, in altri casi, non avremmo sopportato.

In questi casi il distacco diventa come una liberazione, raggiunta tramite un processo di catarsi, durante il quale noi ci purifichiamo, eliminando dalle nostre vite tutto ciò che fa male: recidiamo questi rapporti ormai deteriori, come fossero piccole appendici dolorose, delle quali bisogna sbarazzarsi al più presto per ricominciare a vivere serenamente.

Dedicato a S.

Nessun commento:

Posta un commento