venerdì 16 luglio 2010


Sono una persona abitudinaria, lo sono sempre stata, lo sono da quando, a due anni, mi rifiutai di far pipì per un giorno intero solo perché i miei genitori mi avevano comprato un vasino nuovo. Da allora non sono più stata in grado di trattenere la pipì per troppo tempo e ho iniziato ad odiare tutto ciò che porti cambiamenti repentini nella mia vita.

Così ho odiato il primo giorno d’asilo, tutte le case in cui ho vissuto, i cambi di stagione, il digitale terrestre.

Ho odiato tutte le persone che sono, nel tempo, uscite dalla mia vita. Ancora di più ho odiato quelle che abbiano preteso di entrarvi.

Per questo dovrei odiare anche te, che con la forza hai sfondato le mie barriere, senza che io potessi opporre resistenza e sei entrato a far parte della mia esistenza.

Dovrei odiare ogni parola che tu mi abbia mai rivolto, dovrei odiare quel tuo modo di toccarti i capelli mentre parli, dovrei odiare il tuo odore di fumo e di biscotti, e, ancora di più, dovrei odiare quei sorrisi che ogni tanto mi regali.

Io dei sentimenti non ho mai capito niente, ho passato la mia vita in un angolo, ad osservare gli altri innamorarsi, promettendo a me stessa di non diventare mai come loro, ma sperando, sotto sotto, il contrario.

“Adesso tocca a me”, ogni tanto mi ripeto, senza rendermi conto che tu di tutto questo non hai capito niente, perché quello che per me è tutto, per te è nulla. Perché nelle tue parole ho sempre cercato quello che io volevo sentire, non quello che tu realmente intendevi dire. In tutto questo tempo ho visto in te il riflesso dei miei sentimenti, illudendomi che potesse essere, o almeno diventare un giorno, reale.

Per questo dovrei odiarti, perché ora condivido con te la vita che un tempo era solamente mia. E tu neanche lo sai. Non puoi nemmeno immaginare di star vivendo, oltre alla tua vita, anche la mia.

La verità è che sto cercando di dimenticarti, ma ho ancora la tua voce che mi scorre nelle vene e quando arriva al cuore inizia a far male. E’ un dolore che non si può spiegare a parole, uno di quelli che ti prendono alla bocca dello stomaco e ti stracciano l’anima.

Per questo vorrei che fosse già settembre, perché settembre porta via tutto: il caldo dell’estate, l’odore della crema solare dalla pelle delle persone, le cose belle e quelle brutte. Arriva repentino, come un colpo in testa che ti fa perdere la memoria. Settembre porterà via anche te.

Adesso però è estate, la stagione delle lunghe code in autostrada verso il mare, dei gelati al pomeriggio in centro, degli amori che passano in fretta e si dimenticano facilmente. Io il mare l’ho sempre odiato, il gelato non lo posso mangiare senza sentirmi in colpa per i miei chili di troppo ed innamorarmi è impossibile perché tu occupi già tutto lo spazio a disposizione nel mio cuore.

Mentre aspetto l’autunno osservo il mondo e sento i rapporti umani, i sentimenti e le emozioni che mi scivolano addosso, è quasi come se fossi anestetizzata. La mia è una condizione privilegiata: da questo piedistallo fatto dai detriti della mia vita si fanno studi sociologici interessanti. La sensazione è un po’come quella che provava Gianni Togni quando guardava il mondo da un oblò e si annoiava un po’. Io però non ho neanche più la forza di annoiarmi.

Allora resto qui seduta ad attendere che il tempo mi aiuti a dimenticare, mentre tu non fai niente per aiutarmi a cancellarti dalla mia vita, mi tieni incatenata a te, le mie emozioni sono legate alle tue da lacci invisibili che solo io posso percepire e la cui stretta diventa sempre più dolorosa.

Ci sono giorni in cui mi sforzo talmente tanto a cercare di odiarti, che quasi riesco a ricordami come fosse la mia vita prima che arrivassi tu, ma proprio mentre gli eventi iniziano a riprendere il proprio normale corso, tu ritorni e tutto appare ancora più meraviglioso di prima, mi sembra di vivere un sogno, che presto riassumerà le sembianze di uno spaventoso incubo, di un mostro, che mi aspetta sotto il letto, mentre soffoco i miei pianti nel cuscino, pronto ogni notte a divorarmi il cuore.

Più passa il tempo, più io ti sento lontano da me, mentre tutto ciò che desidero è averti qui accanto, ma tu mi scivoli via tra le dita, come la sabbia quando ero bambina, e al tuo posto resta un vuoto, un vuoto nel quale vorrei sprofondare, solo per poter sentire ancora una volta il profumo della tua pelle.

Tutto ciò che ho scritto tu non lo leggerai mai, o forse lo farai, senza renderti conto di essere tu il protagonista, scorrerai le parole distrattamente, poi passerai avanti, ad un’altra pagina, che troverai più divertente ed interessante, che non parlerà di te, che racconterà storie di persone lontane, diverse da noi, che inspiegabilmente vedrai così vicine e simili a te, non accorgendoti che, forse, tu il tuo angolo di felicità potresti averlo appena abbandonato, tra le righe di una pagina web letta troppo distrattamente.

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